Archivio Marzo 2012

Anas ieri ha fatto tardi

Anas non è mai arrivato tardi a lezione. Non è mai mancato, nemmeno una sola volta. Non è mai accaduto che non avesse fatto i compiti, non è mai accaduto che li avesse fatti male. È uno studente brillante, disciplinato, intelligente, come lo sono in pochi. Uno studente a cui qualunque insegnante immancabilmente si affezionerebbe.

Anas per venire a una lezione di italiano deve percorrere diversi chilometri, almeno 40 minuti di strada. Anas è palestinese, e per questo la sua strada si allunga, indelebilmente, per attorcigliarsi nel percorso illogico segnato da un muro ancora più assurdo.

Anas è chiuso all’interno di quello spazio che il regime di occupazione israeliano ha segnato per i non ebrei, che rimangono dall’altra parte del muro, in silenzio si spera, mentre i coloni scorazzano fuori e dentro la West Bank, indisturbati. E se non fosse il muro, e se non fossero la lunghezza della strada, le intemperie, i check point a impedire lo studio di un ragazzo, allora interverrà la violenza: quella più veloce, vera, più diretta.

Anas oggi era in ritardo, ero stupita. È’ infine arrivato in classe, almeno 15 minuti dopo l’inizio della lezione. L’ho visto accasciarsi sulla sedia e tremare. Tremare tremendamente e scuotersi, dalla tasca destra cercare con la mano, un fazzoletto, singhiozzare. Sono accorsa: «Mi hanno picchiato, mi picchiavano in quattro». «Perché? Perché?» Nella mia ingenuità mi illudevo potesse esserci un motivo. Così, con la mano tenendosi lo stomaco, respirando a fatica, il volto sconvolto, arrossato per le percosse, ha raccontato.

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